(Auto)analisi di Elné

Ho sempre pensato che i lavori creativi fossero una cosa difficile ma non credevo tanto. A chi crede che sia come non lavorare, a chi crede che sia facile, che sia un modo per non crescere, vorrei dire “PROVA!”

Un lavoro creativo è spesso solitario, è confrontarsi costantemente con quello che sai fare e subire i tuoi limiti senza sconti, è fare – smontare – rifare un numero infinito di volte, è cercare la perfezione dove la perfezione non può esistere, è studiare, imparare, cercare soluzioni. E’ la necessità di avere disciplina, ordine mentale nel caos creativo. E’ trovare questa disciplina in se stessi perché non c’è un capo a darti scadenze, un supervisor a metterti pressione, sei tu, le date che ti dai, l’impegno che ti prendi. E’ capacità di auto-gestione del tempo.

Sembra facile.

Ho avuto mesi complicati ultimamente, un impegno – necessario – che credevo di riuscire a conciliare con questo e che invece mi ha spento tutto. Entusiasmo, ispirazione, voglia di fare. Una stanchezza mentale incurabile, una sensazione di non farcela costante, le notti in bianco, le mattine più faticose di quando non lo siano a causa di una genetica nottambula. Una predisposizione incredibile a seguire ogni distrazione possibile nel raggio di km, l’incapacità di fare la stessa cosa per più di 15 minuti. Un gran casino insomma.

Eppure io ci credo, io sogno in grande, nel senso di martello, sparachiodi, vernici, mobili da ricostruire, ma anche vestiti sempre più precisi, e gioielli più preziosi, e adoro quando mi fate i complimenti, soprattutto chi passa per caso al mio stand e mi dice che ogni cosa trasuda gusto, femminilità (femminilità…da me?? capite che magia può uscire questa testa??) . Quando vi innamorate di qualcosa e volete portarlo con voi io sento come un pizzicotto, uno schiaffetto che dice “svegliati, cretina!”

Ho deciso che riparto da quello che amo fare io e forse trascurerò un po’ quello che ho fatto finora, o forse verranno meglio entrambi. In fondo la creatività è anche seguire l’onda del momento, la necessità di avere quella texture tra le mani e non quell’altra, di usare quegli attrezzi e non solo quelle pinze, la voglia di sentire la macchina da cucire sbuffare.

E allora eccomi, forse sono pronta per una nuova stagione di Elné come piace a me, Federica, e forse mia mamma farà meno fatica a trovare il suo spazio in questa nostra storia, che senza di lei non sarebbe la stessa.

 

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